SISET ONLINE n° 2/2021
LA TECNOLOGIA -OMICS NELLA CARATTERIZZAZIONE DELLE PIASTRINE NELLE MALATTIE CARDIOVASCOLARI: A CHE PUNTO SIAMO?
Fabio M. Pulcinelli
(Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma)
In questi giorni sono uscite le nuove linee guida della ESC per il rischio cardiovascolare (European Heart Journal, 2021), una rapida panoramica delle oltre 100 pagine, ci evidenzia che oltre ai classici fattori di rischio, fumo, pressione sanguigna, diabete e obesità, vi si aggiungono nuovi fattori di rischio legati alla nutrizione, stili di vita, alle malattie mentali etc etc. Nello stesso numero della rivista è stato riportato che la durata del sonno è un fattore di rischio inversamente lineare. Bisogna evidenziare che, nonostante sia percepita l’importanza dell’assetto genetico individuale nella determinazione di tale patologia, ancora non si è raggiunto un consenso su quali siano i polimorfismi genetici determinanti un aumento del rischio di incidenza.
Un altro fattore di rischio che non viene preso in considerazione dalle linee guida è la funzionalità piastrinica, nonostante ciò numerosi articoli riportano che è ben noto il ruolo centrale delle piastrine nella trombosi arteriosa e i farmaci che riducono la funzionalità piastrinica sono largamente utilizzati nella prevenzione di tale patologia. A conferma di ciò, un recente studio effettuato dal gruppo del Framingham Heart Study ha dimostrato come i soggetti con piastrine che rispondevano più facilmente all’ADP erano potenzialmente a maggiore rischio cardiovascolare (Puurunen MK et al. J Am Heart Assoc 2018).
Alcuni anni fa durante una conferenza del Prof Loscalzo, capii l’importanza della medicina molecolare e della definizione di patofenotipo, per me parola chiave della medicina di precisione. Spiegava come pazienti affetti dalla stessa patologia avevano determinanti differenti collegati alla genetica dell’individuo, alle perturbazioni ambientali e alla predisposizione dell’individuo verso altre patologie correlate alla patologia primaria. L’unione di queste determinanti dimostra l’esistenza di fenotipi differenti legati ad una stessa patologia che se individuati possono portare a trattamenti farmacologici più precisi (Loscalzo et al Molecular Systems Biology 2007).
Il mio entusiasmo era legato alla precedente uscita dei risultati del CHARISMA, trial che dimostrò come pazienti trattati con doppia terapia antiaggregante, aspirina più clopidogrel, presentavano una lieve riduzione di eventi cardiovascolari rispetto ai pazienti trattati con la sola aspirina, ma l’aumento degli eventi avversi di natura emorragica, ne vanifica gli effetti benefici (N Engl J Med 2006; 354:1706-1717). Fu, a mio avviso, un trial importante: si cominciava a prendere coscienza del fatto che oltre ai benefici della somministrazione dei farmaci antiaggreganti, era necessario prendere in esame anche le complicanze emorragiche. La valutazione del bilanciamento tra rischio trombotico e rischio emorragico ci indirizza verso la medicina di precisione e del trattamento farmacologico personalizzato. Infatti, questi risultati rinforzarono la mia convinzione dell’importanza di studiare la funzionalità piastrinica nei pazienti in trattamento antiaggregante. Individuare sia i pazienti meno sensibili all’azione di un solo antiaggregante, che quindi possano trarre beneficio della somministrazione della combinazione di due antiaggreganti, sia i pazienti che sono particolarmente sensibili ad uno solo trattamento e, quindi, a maggiore rischio emorragico, è l’obiettivo odierno della medicina personalizzata al fine di ridurre le complicanze derivanti dal trattamento antiaggregante. Quest’ultimo punto si correla con il sottostudio del CHARISMA (Berger et al Circulation. 2010), pubblicato diversi anni dopo, che ha osservato l’aumento delle sindromi emorragiche tra le due popolazioni studiate, aspirina + clopidogrel e la sola aspirina, solo nel primo anno di trattamento, mentre, nel secondo anno dello studio le sindromi emorragiche non differiscono tra le due popolazioni studiate. Questi risultati evidenziano fortemente che i soggetti colpiti da sindromi emorragiche erano soggetti predisposti e potenzialmente identificabili a priori.
Le malattie cardio-cerebrovascolari sono la principale causa di morte nel mondo e questo sottolinea la rilevanza nell’attuazione della prevenzione cardio-cerebrovascolare sia primaria, cioè prima della manifestazione degli eventi clinici correlati, sia secondaria, con particolare riguardo al trattamento farmacologico più idoneo.
In questo contesto la medicina di precisione, approccio complementare utile sia per la prevenzione che per il trattamento delle patologie cardio-cerebrovascolari, richiede l’integrazione di informazioni diverse: fattori genetici, perturbazioni ambientali e l’esposizione a eventi causali sono determinanti necessari ad individuare il fenotipo di rischio di ognuno. La medicina di precisione si avvale di una serie di analisi di laboratorio di genomica, trascrittomica, proteomica, lipidomica, e microbioma, tutte raggruppate con la parola “omic”, per arrivare ad una valutazione più accurata degli individui.
Gli sforzi effettuati per migliorare l’identificazione dei soggetti a maggior rischio di sviluppare un primo evento cardiovascolare si sono in gran parte concentrati su nuovi parametri – biomarcatori – che possano essere aggiunti ai punteggi di rischio tradizionali per migliorare la previsione di malattia. Ad oggi sono stati proposti centinaia di nuovi biomarcatori, la maggior parte dei quali derivanti dalle analisi “omic”, tra cui, tuttavia, solo poche presentano reali correlazioni cliniche.
In particolare per quanto riguarda la funzionalità piastrinica, sia gli studi di genomica che di trascrittomica hanno mostrato risultati che correlano variazioni genetiche o espressione di mRNA piastrinico alla funzionalità piastrinica (Genome sequencing unveils a regulatory landscape of platelet reactivity Nature Communications 2021,12:3626). Un profilo trascrittomico, effettuato su soggetti portatori di HIV, ha identificato una proteina appartenente alle ATP binding cassette subfamily C member 4 (ABCC4) come marker di fenotipo piastrinico iper-reattivo (JACC: Basic To Translational Science 2018; 3: 9–22), ma nessuno è stato identificato come fattore di rischio cardiovascolare. Gli studi di proteomica e lipidomica hanno mostrato una significativa associazione statistica con l’incidenza di eventi successivi, ma, in termini generali, solo un modesto miglioramento del valore predittivo dei punteggi attuali.
Il motivo determinante che ha reso difficoltosa l’individuazione di fattori di rischio piastrinico è da adibire all’ingente quantità di informazioni necessarie per il raggiungimento del giusto consenso. L’elevato numero di proteine coinvolte nella determinazione della funzionalità piastrinica e con esse l’elevato tasso di SNP, sono alla base della complessità del delineamento del profilo fenotipico che richiederebbe un arruolamento di numerosi pazienti in altrettanti studi. Anche le metodiche di trascrittomica non hanno dato risultati solidi. Ad oggi, possiamo solo affermare che il genoma megacariocitario è soggetto a turbamenti ambientali, patologici e farmacologici. Conseguentemente i megacariociti possono trasmettere questi turbamenti alle piastrine attraverso l’mRNA, la cui quantità rispecchia l’aumentata o ridotta espressione proteica che determina un fenotipo piastrinico iper o ipo-reattivo. Nonostante ciò, allo stato attuale non è stato identificato un marker piastrinico univocamente associabile a rischio trombotico.
Tutte queste informazioni non ci devono scoraggiare al proseguimento degli studi.
In questa informativa vorrei essere più positivo e specialmente propositivo, suggerendo una strada che, se percorsa, possa facilitare il raggiungimento del nostro obiettivo.
Oggi abbiamo un ampio corpo di prove a sostegno dell’ipotesi che le piastrine iper-reattive possano predire in futuro un rischio di trombosi, sia in individui sani che in quelli che hanno già avuto un evento trombotico. Pertanto, una migliore comprensione dei determinanti genetici responsabili dell'aumento della funzionalità piastrinica è probabilmente il primo obiettivo da perseguire nella logica di una previsione precoce di eventi trombotici.
Successivamente, essendo a conoscenza del fatto che la funzionalità piastrinica può variare in relazione allo stile di vita, in particolare l’abitudine al fumo può determinare un fenotipo piastrinico iper-reattivo (Hung, Lam et al. 1995; Pamukcu, Oflaz et al. 2011), alla nutrizione e alla farmacologia, emerge un’ulteriore strategia analizzando le relazioni di percorso alla base dei fenotipi piastrinici in modo personalizzato.
Un terzo determinante da prendere in esame è legato al fatto che le piastrine adattano la loro funzione in seguito a stimoli provenienti da altre patologie, come il diabete, l’influenza H1N1 e il virus HIV che contribuiscono a determinare un fenotipo piastrinico iper-reattivo (Hu, Chang et al. 2017) (Rondina, Brewster et al. 2012) (JACC: Basic To Translational Science 2018; 3: 9–22)).
La fenotipizzazione piastrinica dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari si evolverà con l'applicazione dello screening “omic” ad alta risoluzione per le popolazioni arruolate in studi osservazionali e clinici su larga scala.
In particolare, la tecnica di associazione genome-wide (GWAS), è un approccio utilizzato nella ricerca genetica per associare specifiche variazioni genetiche a particolari malattie. Il metodo prevede la scansione dei genomi di molti individui e la ricerca di variazioni genetiche che potranno essere utilizzate per identificare i marcatori genetici validi che svolgano un ruolo nella funzionalità piastrinica, così da facilitare l’individuazione dei soggetti a maggior rischio per le patologie cardiovascolari. Una volta identificati, tali marcatori genetici potranno essere utilizzati per comprendere come la loro presenza sia importante nel determinare il fenotipo piastrinico più frequente nella patologia in base alle altre determinanti, ambientali e eventi patologici non cardiovascolari.
Un altro approccio molto interessante potrebbe essere quello di studiare le differenze tra marcatori “omic” in volontari sani giovani e in soggetti in età avanzata e quindi a maggior rischio di patologia. Questo approccio ci potrebbe permettere di valutare se l’età, i fattori ambientali o patologici possano determinare i cambiamenti fenotipici responsabili dell’aumento di rischio, aiutandoci a sviluppare strategie di prevenzione.
“La tecnologia -omics nella caratterizzazione delle piastrine nelle malattie cardiovascolari: a che punto siamo?” Allo stato attuale la tecnologia –omics non è del tutto affermata come fattore di rischio cardio-cerebrovascolare. Tuttavia, in qualità di docente di Medicina di Laboratorio esprimo grande fiducia perché le emergenti metodiche laboratoristiche e cliniche possano affermarsi, così da costituire un più corretto approccio alla medicina moderna. Concludo affermando che un importante obiettivo da perseguire di noi esperti nella disciplina dell’Emostati e Trombosi è di istruire adeguatamente gli specialisti in formazione, medici e non medici, circa l’importanza di questi cambiamenti.